Cosa ti dicevo, quando me l’hai portata lì al bancone, con quella faccia da mastino sospettoso, quella volta che eravamo tutti insieme giù dal Berri?
Non mettertela in casa, questa qui ti succhia via la vita.
Questo ti dicevo. E tu che le guardavi il petto prepotente. Dillo: già sognavi di prenderla da dietro, sul sedile puzzolente del furgone di papà. E non vedevi il ghigno violento delle sue labbra grosse, da pugile affamato. Ti ha fatto il vuoto intorno.
Tempo due mesi e il gruppo del bar si è scordato la tua faccia.
“Tuo fratello?” mi chiedevano. “È con la donna” tagliavo corto io.
Donna. Una donna per me non è quella roba lì. Una che ti allontana dagli amici. Che denigra la tua famiglia. Che ti fa un lavoretto sul ciglio della tangenziale, la mano liscia di crema e di saliva, per convincerti a cambiare strada. Perché è lei, sempre lei, quella che ha ragione.
Poi ti è successo.
Una mattina ti ha svegliato con uno scossone. Una faccia trionfante che non le conoscevi. “È fatta” ti ha detto. E dopo nove mesi avevi un anello d’oro al dito, un poppante indemoniato appeso alla camicia e una grossa palla di ferro alla caviglia.
Lei, intanto, era diventata un istrice impazzito. Vecchia. Arrabbiata. Vendicativa. Non era quello che volevi?
Era diventata brutta.
Ammettilo: questo è quello che più ti ha ferito. Che piuttosto che scoparti quel cofano ammaccato ti saresti tagliato il pisello e lo avresti buttato nel secchio della spazzatura.
E tu eri sempre lì, orso ammaestrato.
Ad aspettare. A dirti che va bene. Che dopo passa, è normale.
Adesso vai. Stacca da tutto. Dal marmocchio lacrimoso, anche.
Quella cagna andava a letto con il tuo vicino.
E allora? Stappa questa birra, è cosa buona. Ti aspettiamo tutti giù dal Berri. Noi ci siamo. Noi a letto con un altro non ci andiamo.
Ma cosa fai? Ma non piangere, dai.
Il polso si è rimarginato.
Ci hanno fatto entrare subito in pronto soccorso. Sono arrivato prima. Tu non scendevi e allora son salito io.
E ti ho salvato dal tuo sangue, ti ho raccolto dalla vasca rossa che ti portava via il respiro. Un tappo semichiuso e un doccino riverso. Tu morivi.
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