È un rosso che fiammeggia tra le montagne: un tramonto così, era tanto che non lo vedevo. Forse perché sono mesi che ho smesso di guardare il cielo e mi trovo meglio a fissarmi le punte dei piedi. Non cado, se controllo bene dove appoggio il mio corpo stanco e incerto.
Rosso di sera, bel tempo si spera.
Qualcuno dice che è l’aria inquinata a produrre questi riflessi infuocati: io non lo so, non capisco niente di clima e meteo e ambiente e queste cose da scienziati dell’atmosfera.
Mi piace e basta. E ho fatto bene a farmi abbagliare da questa cortina arancione, un panno caldo che mi abbraccia.
L’ultimo abbraccio di oggi gliel’ho dato per dovere: l’ho sollevato piano, povero papà.
E lui a chiedermi chi sono, cosa sto facendo.
Sempre quell’artiglio dell’indice sinistro, che mi arriva sotto l’occhio, quando si agita e le sue braccia caracollano in una ridda di pugni dati al vento, al niente. La malattia è così: mio padre non sa più chi sono, soprattutto quando è sera e nel pomeriggio non è riuscito a riposare. Non c’è molto da fare, però di certo il tramonto non lo posso guardare.
Adesso invece ho deciso: la smetto di dire a tutti che va bene, perché sono dura. La smetto di tenerlo nascosto come un criminale.
Smetto di nascondermi anche io, come fossi una colpa. Una vergogna.
Non è male, chiamare qualcuno. Non è male, dire “c’è una persona, da qualche parte, lontana o vicina, che mi può salvare? Per dividere un peso che mi uccide”.
Non lo abbandono, il mio vecchio, come potrei? Sto solo andando a cercare un alleato: non sarà facile, mi aspettano giorni e notti come lame. La malattia lo renderà cattivo. E io non posso incattivirmi con lui. Se guerra deve essere, voglio trovare il compagno migliore per la mia trincea.
Da sola no, non sopravvivo: non si vince mai, da soli.
Sono quasi arrivata dall’assistente sociale. Qualche curva e le nubi arancioni. Una speranza. Spero nel bel tempo, sì. Non voglio il sole pieno, che accechi. Voglio l’alternanza del sole e delle nubi: indietro non si va, posso solo proseguire. Voglio farlo con la forza, con la fede.
Ci salviamo insieme, papà, te lo prometto.
Ho deciso che qualcuno ci deve aiutare, lo sceglierò con cura, sarà il meglio che tu possa immaginare. Accettalo. Aiutami a salvarti. Aiutami a salvare anche me.
Scendo dalla macchina, dopo tanto tempo non guardo per terra. Guardo il cielo.
Mi viene incontro una donna magra, le mani aperte. Sento che gli occhi vogliono piangere, ma mi trattengo.
“Venga, si accomodi. Un tè caldo lo vuole?”
Da quanto tempo non pensavo a me. Sì, grazie.
Vorrei tutto: un tè caldo, un sorriso, un tramonto.
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