Come dormi. Hai un respiro irregolare, ma sereno. Piccoli movimenti ti fanno sussultare le palpebre leggere, rosa. Ti sei addormentata sulla panchina, appoggiata alla mia spalla come una bambina, intanto che guardavamo il campanone. E la valle, sotto, con i laghi.
La nostra terra. La nostra casa.
Che bravo il Mario, come ci ha trattati bene, con il pesce persico che tiene per le grandi occasioni. E io gli ho detto che ho capito, che adesso ho smesso di aspettare. Era un po’ che ti vedevo, andavi a Messa con le amiche. Una domenica che non uscivo in bicicletta ti ho fermata, ti davo del lei, ci vuole rispetto prima di tutto.
L’amore ce l’avevo dentro il cuore. E un pochino dentro i pantaloni.
E Dio solo sa come ti avrei toccata, perché sono un uomo. Ma una donna non si tocca neanche con un fiore: mio padre lo diceva, nelle sere rarefatte di primavera, coi maggiolini che facevano le nubi nell’aria, quando suonava la fisarmonica per mamma nel cortile della cascina.
E poi sono arrivati i pezzetti di strada insieme. Qualche tratto con te. Con le tue amiche. Bella, sempre bella. Mi tenevo. Ma sapevo che ti avrei avuta. Lo sapevo come la bruma del mattino nei campi vasti e nelle strade, alle cinque e mezza, quando andavo in fabbrica col freddo che ti fa piangere gli occhi. Pensavo a te, anche il giorno che partivo per il militare. Alpino fiero dalla penna nera, come tutti qui da noi.
Tuo padre ha fatto il bravo, il giorno prima della mia partenza mi ha preso da parte, in Piazza della Chiesa. Mangiava un ghiacciolo all’anice, aveva i baffi con le gocce azzurre. La trovi ancora, che ti aspetta, la Virginia. Fai il tuo dovere, fallo per il tuo Paese.
E dopo vieni, ché la sposi. Hai la mia parola.
Ti ho sposata Virginia, tanta gente nelle panche, tua sorella che cantava e si soffiava il naso, perché piangeva. E quando alla sera abbiamo fatto l’amore, che è arrivato subito Pierino, ho sentito che lo avevo fatto già. Quando dormivi su quella panchina. E non avevi paura. E sapevi che andava tutto bene. Lo avevamo fatto anche per strada, tante volte: quando mettevamo i nostri passi vicini.
E le mani nelle mani.
Quanto tempo è passato? Sono oggi 50 anni, domenica andiamo ancora al ristorante, dal figlio del Mario. Tutti insieme, tutti uniti. Intanto vieni, andiamo in farmacia. Prendiamo due cosine e poi dal fruttivendolo. Arriva Mirco, tra un po’: che nonna sei, come sei brava a curarlo, a fargli da mangiare. Io faccio come dici, mi impegno: io mi dò da fare. Pierino è felice che siamo ancora qui e che stiamo bene, adesso ci manda a fare la crociera. Anche se a me va bene rimanere in queste strade, io non devo andar lontano: mi va bene questa terra, questo campanone.
Mi vanno bene questi passi. Con te. Tutti i giorni. Sempre mano nella mano.
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2 Commenti
Betty
13 Settembre 2016 at 16:17
Francesca Crippa
13 Settembre 2016 at 18:23
E ma così mi fai piangere…..
Spero siano lacrime belle in questo caso…un grande abbraccio Betty e grazie del tuo passaggio qui!