La scala di Michele.

Sei giovane, tu. Vai.

Queste scale le prendi in fretta, hai la vita nei polpacci. Cinque anni e una bocca che sa dire solo cose belle, come l’altro giorno, quando mi hai tirato giù il grembiule per rivolgermi il tuo sguardo dei segreti. “Sai di pane, nonna”. E io, che il pane lo volevo tanto quando avevo la tua età, ma trovavo solo briciole piccine, ho sentito pungere le palpebre. Perché se so di pane so di casa. E tu in me avrai sempre la tua casa. Adesso insieme al pane io ti compro il cioccolato, quello con le mandorle di Nino. È lui che ti dà tutta questa forza. Che ti fa diventare grande. E mentre andiamo su a San Giorgio ad accendere la candelina, mi pare che ogni scalino sia un anno in più.

Un anno che passa nel mio cuore.

Adesso è mezzogiorno e ti preparo da mangiare, la pasta con il ragù e tanto pomodoro, il concentrato che sembra il didò. La mamma è ancora stanca, sta sdraiata sul divano. Hai posato la cartella e sei entrato come il sole che abbaglia: hai preso sette all’interrogazione di geografia e devi dirlo al tuo papà. Dov’è, ora, il tuo papà?

Da tanti mesi non si vede, ma tu lo vuoi. Lo vuoi sempre.

Poi hai sedici anni e guidi il motorino del tuo amico nel parcheggio del bowling, state attenti, andate piano. No, quella ragazza non ti guarda. Lascia perdere, tu. Arriverà. L’amore prima o poi arriva sempre. Da me è arrivato con le mani sporche di grasso, carezze nere e unte, gesti dolci e rombanti come i motori che sapeva aggiustare solo lui.

E adesso? Vuoi studiare ancora? Bravo, figliolo.

Vai a Milano. Ingegnere vuoi diventare.

Per fare i ponti? Le case? Per sistemare le chiese come questa, madre grande sopra centinaia di scalini?

Miriam, che bel nome. Vuol dire goccia nel mare, dicono. Adesso sì che hai gli occhi giusti. Adesso sì che l’hai trovata. Quanto pizzo, quanto bianco. Le campane suonano possenti e liete: mi abbracciano le note delicate di quell’Ave Maria. Piango. La torta no, non la posso mangiare. Sono grassa e ho il diabete. Sono vecchissima, ormai. Quanti anni mi passano nel cuore, Michelino. Tutti adesso, mentre tu mi tiri su per gli scalini. Diventi uomo, sei il futuro che sale. Michelino.

La carta del dottore l’ho buttata via questa mattina. La massa grigia del tumore farà il corso che deve fare. Settimane o mesi. O anni. O scalini.

Sei tu il futuro che sale, Michelino.

Con la nonna mano nella mano, che per te sarà per sempre pane. Sarà per sempre casa.