Delia mi accompagna qui, nei pomeriggi di sole. Stiamo ai Giardinetti di Via Palestro, io tra gli scivoli e le altalene, lei con un libro rosso e il cellulare. Delia è brava. È l’amica della mamma, la più giovane di tutte quelle che conosce: un giorno penso che la sposerò, anche perché prepara i biscotti alla Nutella più buoni della terra. E poi, se piove, mi fa fare i pop-corn nelle buste che vanno nel microonde: sono una specie di magia, quelle che partono sottili e dopo tre minuti diventano giganti, odorose di burro salato.
Delia dice sempre “non fa niente, Giorgio, non ti preoccupare”.
Quando la sento parlare così, mi arrabbio tanto, mi prende un nervoso nella bocca dello stomaco: però non voglio farglielo vedere, perché mi dispiace, povera Delia. So che mi vuole bene, ma io ormai ho sette anni e non posso non preoccuparmi. La mia nonna mi diceva “fa niente è morto”, perché sa che qualunque cosa accada, a me importa.
Mi importa di tutto, delle foglie d’erba, delle gocce di pioggia.
Mi importa di uno schiaffo, di una faccia che si volta dall’altra parte. Di un livido sopra un ginocchio e di una granita al cocco. Mi importa della mia mamma, quando mio papà la sgrida. E poi sgrida anche me. Urla, forti. Pugni nel muro. Capelli che cadono. Mani giunte.
Guarda, Delia, i miei sassolini: uno per ogni cosa che mi importa. Li raccolgo tutti qui, in questa bella montagnetta. E se un domani il papà mi vorrà portar lontano, io ritroverò la strada. La traccerò con questi sassolini. E tornerò da te, Delia. E dalla mamma. Allora sarò diventato grande e sarò libero di preoccuparmi: mi metterò in piedi, grande e grosso, davanti al papà.
Così, faccia nella faccia, gli chiederò “Perché?”
Avrò paura ancora, perché la paura non se ne va, nemmeno se stai lontano tanti anni. Nemmeno se stai tutti i giorni al sole. Perché la cantina ormai è dentro le pupille e fa tanta ombra, sempre.
Questi sassolini, adesso che andiamo a casa, me li porto via. Li tengo nello zainetto. Posso, Delia? Non li butto addosso a nessuno, te lo prometto. Li tengo solo per ritrovare la strada, se qualcuno mi trascina oltre la siepe, nel gomitolo di strade poco illuminate. O se una notte sarò io a scappare.
Perché le lacrime di mamma non le posso più sentire.
E sotto il letto non ho più lo spazio per nascondermi. E sparire.
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