Una visita ai Giardini Visconte: l’amore per la natura in un’oasi alle porte di Milano.
Ai Giardini Visconte si arriva da un lungo viale alberato, con pioppi cipressini che svettano fin quasi a toccare le nuvole.
Sono stati piantati 20 anni fa e da allora accompagnano il visitatore all’interno di un mondo incantato: Giardini Visconte è un’oasi di 52 ettari alle porte di Milano, a Gudo Visconti, Cascina Longoli di Sotto. Una location dal sapore autentico, in cui la biodiversità è frutto di passione, consapevolezza e cura.
Ad attendermi c’è Alberto, il titolare di questa azienda agricola dove l’amore per la terra si tramanda di padre in figlio: al suo fianco ci sono la moglie e i due bambini.
Tutti indossiamo la mascherina, nel rispetto delle attuali norme di sicurezza: lasciamo che sia lo sguardo a sorridere. Così, nel corso della visita, tanta bellezza passerà dagli occhi al cuore.
La visita
Non riusciamo a stare fermi, abbiamo voglia di camminare sopra quel terreno che parla attraverso la voce di chi lo coltiva con tanta dedizione.
Iniziamo dai filari delle peonie, 3 ettari di estensione con 50mila piante, poi proseguiamo lungo le sponde di quello che Alberto chiama “il laghetto” (in realtà un’area di 4 ettari dove si sono evoluti diversi habitat naturali tipici del Parco del Ticino), costeggiamo il bosco di 24 ettari, in cui stanno a dimora 8.500 alberi (noci, ciliegi, frassini, ontani, carpini, querce, pioppi bianchi e salici). Ammiriamo il Roseto e il Giardino di Vittoria: in vari spazi dell’azienda, escluse le 60.000 rose canine, ci sono 1.200 piante di rosa ibrido di tea in 85 varietà.
La storia
Durante la nostra passeggiata, Alberto ci racconta la sua storia. Ed è una gioia rivivere con lui i momenti salienti di un percorso di lavoro e di vita, interrotti soltanto dal cinguettio degli uccelli o dal ritrovamento di gusci di tartarughe e chele di granchi lacustri. Ci mettiamo in ascolto: si sente fortissima l’impronta del passato, ma allo stesso tempo si avverte la spinta verso il futuro, quell’apertura a innovazioni e nuove tecniche, sempre sostenibili, che per Alberto rappresentano un’opportunità di crescita, di evoluzione.
“Questo luogo nasce da un’azienda familiare. Tra gli anni Settanta e Ottanta, mamma Adriana e papà Enrico, insieme a mio fratello maggiore Piero, allevano galline e vacche da latte e coltivano mais e foraggi per il bestiame.
Io cresco attaccato alla terra: a bordo del trattore, insieme al mitico fattore Gino, con gli zii Angelo e Vasco a pasticciare con le piante. Il campo diventa presto il protagonista assoluto della mia vita.
Negli Anni Novanta mi iscrivo all’università, alla Facoltà di Scienze Agrarie: lo studio mi appassiona, ma sento l’esigenza di sporcarmi le mani. Amo i momenti di contatto genuino con la terra, fatto di prove e tentativi, di conoscenza reciproca.
Con il trascorrere del tempo, mio padre mi affida la direzione del comparto agricolo, permettendomi di introdurre nuove coltivazioni in azienda, come riso, soia, barbabietole e pomodori.”
Coltivare in Africa
“A 22 anni avviene una svolta importante per la mia vita: parto per lo Zambia come consulente in un’azienda agricola dove si coltivano tabacco e ortaggi. Lì rimango per tre anni, perché con mio padre e altri soci acquistiamo e gestiamo un’azienda dove introduciamo mais, paprika, riso in asciutto (per aggirare il pericolo dei coccodrilli del fiume Zambesi).
Agli inizia del Duemila, ritorno in Italia: mio padre lascia a me e mio fratello la gestione dell’azienda. Io mi occupo della parte agricola, Piero del comparto zootecnico. In quegli anni apriamo un agriturismo e io inizio a dedicarmi anche all’abbellimento della terra, perché la nostra campagna mi piace tantissimo, ma è un po’ piatta, tutta uguale. Allora creo il viale di pioppi cipressini.”
La scoperta della rosa canina
“Poi arriva un’altra svolta. Una primavera mia moglie legge un articolo che tratta della coltivazione di rosa canina a fini ornamentali: decidiamo di andare in Liguria a conoscere il più famoso florovivaista del settore, Patrucco, colui che ha lanciato la rosa canina, rendendola nota al mercato italiano.
Sai cosa mi ha detto? Per prima cosa ci devi credere.
E io ci credo, ci credo tantissimo! Mi sento già un floricoltore! Ma i miei amici mi lanciano una sfida, dicendo che coltivare la rosa canina non basta per essere considerato un floricoltore.”
Il roseto e il bosco
“Caso vuole che nel 2003 l’azienda del mio amico Patrucco venga tagliata in due dal passaggio della nuova linea ferroviaria Genova-Nizza: per evitare di perdere buona parte della sua collezione di rose, me le vende. Così realizzo il roseto, uno spazio di 3.000 mq dove lussureggiano le prime 300 piante di rosa in 45 varietà differenti.
Dopo aver creato un bosco di 24 ettari seguendo le direttive della Comunità Europea, realizzo il mio sogno di diventare vivaista: su una superficie di 20.000 mq inizio la coltivazione di 152 specie tra alberi e arbusti ornamentali, per un totale di 4.500 piante.
L’amore per le peonie
L’incontro con le peonie avviene nel 2013 in Olanda, dove acquisto 1.000 radici di Sarah Bernhardt e 500 di Duchesse de Nemours: le pianto, parte in vaso e parte in terra piena, e per un anno gioco con loro provando ogni tecnica, compresi il contrasto caldo/freddo e la finta grandinata. Dopo varie sperimentazioni, nel 2015 raggiungo il primo raccolto di 5.000 fiori, diventando a tutti gli effetti un floricoltore!”
Oggi ai Giardini Visconte si coltivano 50.000 piante di peonia, su una superficie complessiva di 3 ettari, per una produzione totale annua di 700.000/750.000 fiori.
La filosofia
Per comprendere la filosofia che ispira i Giardini Visconte, basti pensare a come Alberto ha realizzato il Giardino di Vittoria nel 2001, disegnando una serie di aiuole all’apparenza casuali. In realtà, come per tutte le aree di Giardini Visconte, tutto è impostato seguendo le inclinazioni della natura, perché, come spesso ripete, “le piante, per essere belle, devono trovarsi bene dove stanno e per farlo devono stare dove vogliono loro”.
Il metodo
Alberto crede nell’approccio naturalistico: il suo lavoro è fatto di ascolto, prove quotidiane, relazione costante con il mondo che lo circonda. Mi racconta che sulla carta d’identità, nello spazio riservato alla professione, l’impiegato del Comune voleva riportare la parola “agricoltore”. “Ma che agricoltore!” mi dice, con un sorriso che oltrepassa la mascherina. “Io sono un contadino. E sono fiero di esserlo!”
La semplicità di Alberto, il suo modo di metterti a tuo agio, di dedicarti tempo con fare garbato ed empatico: tutto contribuisce a trasmettere ciò che è. Un professionista competente, di grande esperienza, spinto da una passione e un impegno che gli permettono di sostenere ritmi altissimi, fatiche, mal di schiena, qualsiasi condizione climatica. Quante volte nella sua narrazione ho sentito la frase “mi sono divertito un sacco!”, parlando di tanti aspetti del suo lavoro, dalla coltivazione alla carpenteria.
Il risultato è la sua oasi. Non solo un’oasi naturalistica, ma anche un’oasi di umanità pura, lontana dai condizionamenti e dalle imposizioni, dove si respira la promessa di un tempo ritrovato.
Qui tutto è curato in armonia con l’andare dei giorni e delle stagioni, come sarebbe se non ci fosse l’uomo: all’insegna di un equilibrio fragile e allo stesso tempo resiliente, frutto di quella Natura che sa sempre autoregolarsi, riprendendo i propri spazi. Mai come in questo momento di pandemia e di lockdown ce ne siamo resi conto!
La meraviglia
C’è una parola che ricorre spesso mentre parliamo e guardiamo lo spettacolo intorno a noi: meraviglia.
“La meraviglia del mio lavoro è che non esiste un giorno uguale all’altro: se piove, si fa una determinata cosa, altrimenti ci si organizza in modo diverso. C’è sempre da fare e per fare bene basta adattarsi alla natura: le attività che svolgi sono sempre in sinergia rispetto ai cambiamenti delle ore di luce e delle condizioni climatiche”.
Per arrivare a questo equilibrio, il sistema migliore è quello empirico: un po’ come si fa con le persone. Bisogna prendersi, comprendersi, ascoltarsi, imparare a conoscersi, a rispettarsi.
Alberto lo fa con tutti i suoi alberi e arbusti.
Ha applicato questo metodo anche con le peonie: ha comprato i bulbi in Olanda, li ha piantati a metà ottobre, poi ha sottoposto le piante a una grande varietà di prove tecniche. Dopo due anni, aveva già 5.000 fiori. Perché lui aveva imparato dalle peonie. E le peonie avevano imparato da lui. Sono diventati amici, come direbbe il Piccolo Principe della sua Rosa.
“E quando hai una bella pianta” conclude Alberto “te ne accorgi già in vivaio. Lo vedi subito, che promette bene.”
Allora dai il massimo per curarla come si deve: ci metti tutto te stesso, ogni dettaglio che hai imparato sul campo e nella tua storia.
Non stiamo più parlando di botanica, adesso.
Stiamo parlando di figli.
Di vita che si tramanda e continua a sbocciare.
Quando visitare i Giardini Visconte
È sempre il momento buono per una passeggiata in questo luogo da sogno! Sul sito trovate tutti i riferimenti di giorni e orari: da venerdì a sabato, dalle 9.00 alle 18.30. In queste settimane siete ancora in tempo per camminare tra i filari di peonie fiorite, ma in realtà ogni periodo dell’anno si presta a conoscere il giardino, ad apprezzarne le caratteristiche e l’unicità. Seguite Giardini Visconte su Instagram e Facebook e riscoprite il ritmo della natura!
Se non riuscite ad andare di persona al giardino, potete acquistare mazzi di peonie con consegna a domicilio, selezionando sul sito la vostra area geografica di riferimento.
A questo link trovate il primo articolo che ho dedicato a Giardini Visconte, con le fotografie del mazzo di peonie che mi è stato recapitato a casa:
Visitare questo luogo di pace e serenità insieme alla mia famiglia è stato un modo bellissimo per ricominciare a uscire, per dare avvio a una nuova fase della nostra esistenza.
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