Due bicchieri di limonata.

Mi sono messa a vivere. Senza di te. Senza gli amici. Senza nessuno, se non me.

Ho mollato gli ormeggi una mattina di mezza estate, quando a Milano veniva il temporale. Ed era il quinto della settimana. Allora ho preso un treno, la meta l’ho decisa lì. Alla stazione. Mentre tutti gli uomini d’affari camminavano veloci e grigi sullo scalone centrale, con gli impermeabili e le ventiquattro ore.

Sul treno non ho parlato. Sono scesa a Monterosso. E ho svoltato a sinistra, verso il centro, cercando quella strada che sale. Sono io e basta. Le persone ci sono. Ma sono gambe, bocche e braccia che non mi sfiorano davvero. Come sempre.

Fuori da un chioschetto mi colpisce una cesta di limoni: sono grossi, con la buccia spessa e rovinata. Non sono i limoni patinati del mio supermercato.

Sono limoni brutti e sgangherati.

Limoni grossi. Non trattati. Ma hanno quel profumo, quello delle foglie verdi e vellutate, che appena le tocchi ti lasciano un segno indelebile addosso.

Mi avvicina un uomo alto, con la barba. Ha le infradito ai piedi. “I limoni di Monterosso, signora. L’ha provata la limonata? Non la deve neanche zuccherare, sa? Questi limoni sono della casa di mia mamma, sono freschi, sono bio. Niente gli mettiamo”.

Cosa vuoi che mi importi, di una limonata?

Ho perso tutto. Ti ho visto baciare la nostra vicina. Quella brutta, dicevi. Quella troppo magra. E io che sono soda e quando avevi voglia mi prendevi in ogni dove, niente. Fine. E il perché non lo sapevi. Almeno dimmi che mi odiavi. Dimmi che ho sbagliato. Ma parla.

Invece no. Spalanchi gli occhi. Fai un gesto di rassegnazione. Ed esci dalla porta. Lei ti aspetta sul pianerottolo. Non mi guarda in faccia. “Scusa, Giorgia”.

E scappate come topi dalla nave che affonda. Che esplode.

Il ricordo sfuma. Lo scrollo via di dosso. “Sì, grazie. Mi dia due limonate. Quanto le devo?”

Il signore con le infradito mi prepara un tavolino sulla strada, davanti alla balaustra che si affaccia sul mare. Mi arriva il profumo, se allungo la mano mi pare di toccare le onde, mi pare di arrivare in fondo lì, dove tutto si comprende.

E dove tutto si perdona.

Un ragazzino mi porta due grandi bicchieri di limonata. “Aspetta qualcuno, signora?”

“Sì” lo guardo e mi scappa un sorriso. “Aspetto la mia vita nuova”.