A teatro.

Una coppia si bacia davanti al portone.

Lei è bassa, sta in punta di piedi. Lui ha un cappotto lungo, di pelle. Non riescono a staccarsi. Sono davanti al Piccolo Teatro, in Via Rovello 2. Io sto aspettando la mia migliore amica, è un po’ in ritardo: le ho regalato uno spettacolo con Toni Servillo, Elvira. Comincia alle 21. L’ho scelto perché non parla di sentimenti, la trama. Parla di modi. Di come buttiamo fuori quello che sentiamo.

Il teatro è questo. Un modo di rappresentare. Un modo di provare. Un modo di vivere.

Non siamo forse tutti attori? E questi innamorati che si abbracciano e si baciano, non stanno forse recitando la loro storia d’amore migliore, proprio qui, davanti a me, come fossero su un palco improvvisato, un palco che è la vita vera?

Magari si sono ritrovati. Magari stanno per dirsi addio.

Magari è la loro prima uscita. Oppure festeggiano i quattro anni insieme. Magari dopo faranno l’amore. Oppure no, perché lei non vuole ancora. Forse lui ha un’altra. Forse lei ha un altro. Intanto sono qui.

E non esiste nulla, al di fuori di questo bacio.

Non esiste Milano, non esiste l’orologio, non esiste il cellulare. Non esiste la metropolitana. Non esiste il lavoro, l’università, la pallavolo. Non esistono gli amici, le guerre, le mostre d’arte. Non esistono libri. Non esistono ritardi, paure, sconfitte, tentativi, parole. Non esistono nemmeno loro.

Esisto io, che guardo questa scena e mi commuovo.

Esiste questo attimo, che si dissolve piano dentro gli occhi.