Ho poco tempo, arriva la maestra con la fila dei bambini che devono pisciare proprio qui, nel mio antro. Mi dovrebbe ringraziare, invece. Perché sto pulendo il cesso, dove mi è caduto un po’ di sangue.
Ho sbagliato, capita. A volte, solo a volte.
Perché di solito sono preciso. Attento. Mi capita soprattutto la mattina. Se mi dimentico di fare colazione.
Al Safari Park io controllo la zona della Preistoria, è un lavoretto facile, perfetto per me. Qui gli animali sono immobili, finti.
L’unico animale che caccia davvero sono io.
Mi fanno impazzire quelli che hanno paura. Li vedi con le mammine, che magari mi guardano anche. Perché sono un bel mastino palestrato che nessuna sposerebbe. Ma un giretto di giostra, di nascosto, una mano veloce e brava sotto la gonna. Ah, quello sì che piace a tutte. A me invece piacciono i bambini. Con i loro urletti innocenti. Il moccetto al naso. Il ciuccino che va su e giù. Come li adoro, poi, quelli che possono muovere le manine. Che se li accarezzo un pochettino, mentre il babbo sta col fratellino, vengono vicino a me, il tirannosauro.
Ho lecca-lecca. Zucchero filato. Ho le caramelle gommose per i più timidi e paurosi.
Non succede tutti i giorni. Ma basta che mi sfiorino.
E godo come non gode nessuno. Bambini belli, agnellini. Mi apposto, osservo. Mi dò con tutto me stesso nella giungla del mio desiderio, che mi guida. Mi fa volare.
Sto sotto il grande tirannosauro e i piccolini mi chiedono “Hai paura?”. Sì. Ho paura. Per questo, quando sento dalla pancia che sto per passare il segno, e vorrei solo chiudermi da qualche parte con un’anima pura da possedere, dilaniare, mi imprigiono nel cesso più vicino.
Tiro fuori il mio taglierino. E mi taglio le braccia.
Sono bravo a farlo, a far uscire meno sangue che posso. Poi metto emostatico e cerotti, tiro giù le maniche della camicia. E il dolore mi fa desistere dalla violenza che farei. Il bimbetto è salvo, sono bravo. Quanto sono bravo, vero zio? Più bravo adesso di quando venivi a casa mia, a trovare mamma. E davanti allo specchio dell’anticamera mi curavi il pisellino, perché tu studiavi medicina.
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