Io pedalo. E scrivo cartoline.

Mi siedo qui, sul gradino dell’ingresso della cartoleria. Ho una penna in mano e una cartolina sulle ginocchia. È un bello scatto in bianco e nero. Tengo addosso il casco ma mi slaccio i guanti, per scrivere meglio, perché già la mia calligrafia è nervosa, illeggibile, da dottore della mutua frettoloso.

La piazzetta di Montecatini è suggestiva, qualche auto, un capannello di donne ciarliere come gazze, con le borse della verdura.

E poi io, che sono arrivato in bicicletta facendo su e giù tra le colline etrusche, lungo la via Francigena.

Non mi sono mai fermato, nemmeno per una fotografia. Dovevo vedere quanto fiato avevo ancora, quanto conta aver passato una vita su due ruote, e alla fine scendere a terra per camminare come un bipede normale. La bicicletta mi ha fatto diventare grande. Correvo sempre sulle mie ruote sottili, veloci. Cosce grosse, rese forti dai traguardi sui secondi. Ho ancora qualche coppa giovanile negli scatoloni in cantina. Adesso sono in giro da una settimana, qualche volta lo faccio. Abbandono le faccende, le sospendo. Chiudo il negozio di articoli sportivi che gestisco con mio fratello. E sparisco. Non porto neanche il cellulare. Nessuno mi deve trovare. L’unica cosa che faccio è sedermi su un gradino e scrivere una cartolina. Per lei.

Sono rimasto l’unico a scrivere le cartoline.

Tra poco, anzi, le toglieranno dalla circolazione. E allora devo iniziare a comprarne tantissime. Per custodirle, per salvarle.

“Amore, come va? La Toscana è bellissima. E lì come procede? Stai meglio? Pensa solo a riposare. Ti penso, il tuo Marcello”. Quasi quasi esco dallo spazio bianco e mi scrivo sulla pelle.

La penso davvero, l’Amore mio. Non sta bene. Le crisi depressive sono aumentate negli ultimi mesi. Piange. Si sente mancare. Io dico che sono attacchi di panico. Allora in questo momento sta in quell’ospedale che non mi ricordo come si chiama, più per stare tranquilla, per ritrovare il suo equilibrio.

Io la amo tantissimo. Anche lei mi ama.

Infatti alla fine lo schiaffo che le ho dato in cucina, niente di grave, mi era solo scappata la mano. E lei l’ha capito, come l’altra volta che l’avevo spinta, perché mia aveva proprio risposto male, ed era scivolata sulle scale. Mi è dispiaciuto per la costola rotta, però anche lei non è stata molto agile. Non è caduta bene.

Da un po’ di tempo sembra avere le allucinazioni: pensa sempre che qualcuno la debba aggredire e che quel qualcuno sia io, questa è la sua depressione, maniacale. Io l’ho detto al dottore, che esagera. E che è meglio che la tengano tranquilla, che mi ridiano indietro la mia mogliettina come nuova.

Intanto però le scrivo una bella cartolina. Anche perché lì dove si trova non le fanno tenere il cellulare.