Questa luce.

Gentile, la dottoressa bionda, a ricevermi oggi. Ho tirato fuori il vestito buono, perché la chiamo da settimane, forse più di un mese, e devo fare una bellissima figura.

Vendo penne, io.

Busso ai portoni delle aziende e chiedo se ci sono opportunità di collaborazione, dico proprio così. La mia ditta è piccola, era la bottega di mio papà. Adesso però ci siamo modernizzati e importiamo dall’estero, dalla Cina e dai paesi dell’Est. Le penne che facciamo arrivare durano un anno, forse meno. Costano poco perché è plastica cattiva, però sono allegre, colorate e piacciono ai bambini.

Oggi sono già le dieci, il sole è alto, ma ha iniziato a fare freddo, la nuvoletta del fiato mi accompagna densa sulla via. Ho lasciato la macchina in parcheggio, sono arrivato con un borsone di campioni. Poi ho portato le brochure e tante fotografie di biro che abbiamo già venduto, per far capire che siamo bravi.

In realtà le cose non vanno bene.

Presto mi sa che chiudiamo, mio fratello sta già pensando di rilevare da un suo amico un negozietto di alimentari. Ma anche lì, secondo me, facciamo la fame, e mi si perdoni la battuta. Se fossimo stati dei sotterramorti, quello sì che era un bel business, perché i morti ci sono sempre e quando uno muore, la famiglia si dispera. Piange e paga.

La dottoressa, magra con la pelle trasparente, arriva sui tacchi che fanno rumore, bucano il parquet della reception. “Prego, ho poco tempo, Rinaldi, mi deve scusare. E poi non ci sono soldi, glielo dico sempre”.

Ecco. I due problemi: il tempo. E i soldi.

Va bene, dottoressa, le racconto due novità. Mi faccia fare il mio mestiere ancora una volta, dopo basta. Dopo tiro i remi in barca e smetto di vendere. Tanto non compra nessuno. Cosa posso fare, da domani? L’operaio. Ma anche lì: cosa ci è rimasto, da produrre? Quello che conta non si tocca.

La dottoressa mi fa parlare, non mi ascolta, perché intanto guarda il cellulare. Io provo a stare zitto, un minuto buono, per vedere se sta attenta. No, non si accorge di nulla, sotto una lampada al neon che sfarfalla dura, insistente. A un certo punto mi esce una frase così: “Dottoressa, sotto questa luce, è proprio bella, lei. Lo farebbe, l’amore con me? È tanto che mia moglie non mi vuole”. Vado via tranquillo, perché il mio cellulare ha squillato forte, ha coperto tutto, soprattutto la parola amore. Nessuno ha sentito le mie parole.

Ci aggiorniamo, sì. La dottoressa mi farà sapere.