Partenze.

Vuoi andare? Vai. Ti capisco, io.

Non sono triste, non piango. Tu stai tranquillo: starò bene. E poi magari vado a fare un weekend con la Luisa, te la ricordi? Forse no, dovevi sempre uscire con i tuoi amici quando lei veniva a trovarmi. Ma sì, quella che ho conosciuto in pullman e poi ho scoperto che veniva con me al corso di pittura, l’ho vista il primo giorno, in coda al banchetto delle registrazioni. Forse andiamo a Ischia, a fare qualche cura termale. A guardare i faraglioni. O sono a Capri?

Comunque davvero, non ti preoccupare.

Il tuo futuro è là, oltre quell’oceano vasto, immenso, che da oggi ci divide. Hai ragione, sì. C’è Skype. C’è Whatsapp. C’è tutto. Adesso divento più brava e ti mando anche le faccine. E le foto. Le mie dita andranno veloci, imparerò anche la punteggiatura.

Non piango, ma no. Papà? Lo sa già? Fin da quando eri piccolo sognava per te un lavoro così, come quello a cui ha rinunciato lui all’Università. Per stare dietro a me, la ragazzina bella ma paurosa. Quella che voleva stare vicino ai suoi genitori, tenere la vita di sempre. Quella che voleva salire sulla carrozza, con le scarpette di cristallo, e fare una bella famigliola piccolo-borghese.

Hai un sogno, figlio mio: sarai un ricercatore senza pari.

Hai il coraggio giusto per crearti una vita nuova, dove io sarò un’assenza, con tutta la presenza che posso immaginare. Quando avevi cinque anni lo dicevi, “da grande studierò”, spalancando la tua bocca in un sorriso strappabaci. Io non ci volevo credere. Invece studi davvero, e studi tanto. Tra poco comincerai a insegnare a ragazzi di poco più giovani di te.

Andrai a Boston per essere tra i migliori. Non ti vedrò quasi più, non conoscerò la faccia dei tuoi amici, non farò una crostata alla ciliegia per te e lei, lasciandoti la casa libera un giovedì sera. Sarai un punto dentro l’orizzonte. Allora parlerò con tutte le mie amiche, gli occhi lucidi di orgoglio: sarò sospesa su una nuvola, quando dirò che hai vinto quella borsa di studio e partirai a breve. Certo, sarà per me un abbandono nuovo. Ma un abbandono diverso, non quello che ha diviso me e papà, qualche anno fa.

Sarà un abbandono dei corpi. I cuori saranno vicini, io voglio provare.

Devo farti volare accompagnandoti da lontano, con il pensiero che supera montagne e pianure, l’infinita varietà del paesaggio americano. Succederà che avremo giorni paralleli, fatti di pensieri che si accendono durante la giornata, di ricordi, di immagini e di lacrime dense da ricacciare indietro.

Ma avrò il coraggio, io: e il cuore aperto per sentirti anche così, nel fondo della mia tana luccicante.

Verrò a trovarti, vedrai. Salirò su quell’aereo: c’è sempre una prima volta nella vita. E quando sarai in cattedra a spiegare le tue formule, vedrai del movimento in aula, in fondo, nell’ultima fila. Ci sarà tua madre, che chiederà permesso ai tuoi studenti: sarà arrivata da lontano, avrà sconfitto tutte le paure e trovato la strada giusta per andare.