Il cappello della Resistenza.

In questo 25 aprile di cielo terso e vento tagliente devo pensare che un legame indissolubile c’è. Ed è quello spazio tra due bocche che si parlano senza parole, tra occhi inchiodati dentro gli occhi. Che lottano per non chiudersi mai.

Forse muori oggi, nonno. Muori il 25 aprile.

Ti ho portato in ospedale il tuo cappello d’Alpino, quello che indossavi sempre alla manifestazione in Piazza dei Caduti.

L’hai fatta veramente, quella guerra nei boschi. Nelle rocce. Nei ruscelli che ti gelavano i polpacci. La guerra dei libri di terza superiore.

L’hai ucciso, il nemico, nonno? Che faccia aveva? Forse era la tua.

Non hai mai atteso nulla, con un moto di orgoglio ne parlavi. “Non ho aspettato nemmeno di nascere” dicevi. “Io son nato settimino!”. Fiero delle tue origini bergamasche, pago delle tue valli dense di caglio e odorose di letame. Hai preso tutto dalla vita, spinto dalla fame: la fame dello stomaco, quella del latte appeso al camino, un padellino in sei. Azzannavi i problemi, prima ancora di pensare che una soluzione c’era: sempre il primo a fare tutto, indomita razza di antesignano in ogni dove. Il primo in cascina ad avere la televisione. Il primo a fare il muratore a Milano. Il primo a comprare “un bel tuchelin de tera”, anche se “la tera l’è basa” e la schiena, a vangare, non la sentivi più. Hai sempre avuto il vento in poppa. E adesso, capitano? Condannato alla bonaccia, dentro un refolo di fiato stantio. Uno stallo obbligato. Nella vita la tua gran falcata. Passi lunghi e ben distesi. E adesso? Immobile, riverso sul materasso anti-decubito. Mani gonfie e viola come grandi melanzane.

Aspetti. Per un vile contrappasso. Aspetti. Il tuo parto al contrario. Il tunnel che ti riporterà là dentro, nel buio del tutto possibile.

Quando avverrà? Come? Ti guardo e ti afferro la mano. Lo vedo, sei arrabbiato. Il tempo dell’attesa tu non lo comprendi.

Ma datti pace, nonno. Ora è questa, la tua Resistenza.

“Come va?” mi chiede un’infermiera bassa, di colore. “Così” dico io. “Resistiamo”.