Dopo un po’ arriva l’odore. È un puzzo ammuffito di cose passate, archiviate.
Un olezzo dolciastro di rimpianti a porte chiuse, senza chiave. Lo sento mentre sono qui, seduta sulla riva di un ruscello dalle acque verdi, paludose. Mentre si fa l’imbrunire e arrivano moscerini e zanzare a tormentarmi la pelle. Come se la pelle non mi tormentasse già, davanti a questa lingua di acqua viscida e melmosa.
Da quando ho pochi mesi, ho un contrassegno candido che si chiama vitiligine: la mia superficie è a macchie bianche, depigmento pian piano. Per questo sto coperta più che posso, per non vedermi negli specchi come un secco crotalo dei deserti, sovrano che perde le squame.
E più il tempo passa, meno mi sopporto nelle pupille dei pellenormali.
In studio dal Dott. Berardi (mio padre doveva mandarmi dallo psicologo: è un amico di vecchia data, lavorano insieme all’università) ho incontrato il mio principe azzurro, anzi il mio principe bordeaux. Giovanni, più o meno la mia età e una grande voglia di vino sulla faccia, che lo fa sembrare un po’ Gorbaciov e un po’ un cattivo dei supereroi. Per me è bellissimo. E il Destino me lo ha fatto scoprire proprio mentre entrambi lottavamo contro due colori, che ci cambiano la pelle, che ci annullano l’identità.
Io contro il bianco che mi fa sparire, lui contro il rosso che lo invade.
Due sorrisi. Sopracciglia alzate.
E poi passeggiate, lungo questo fiume, con le muffe sul pelo dell’acqua. Che sembravano macchie anche loro, sulla pelle del ruscello. Insomma una storia di colori. Di odori. Una storia di pelle che struscia contro un’altra pelle.
E il mondo dei normali lo lasciavamo fuori.
Adesso Giovanni non mi vuole più: non vuole più neanche sé stesso. All’improvviso sono ricominciati i suoi attacchi e adesso il lorazepam non basta più. Ha cercato di asportarsi la sua macchia rossa. Lo ha fatto con un taglierino, una notte che sua madre gli ha detto, piangendo, che era meglio così. Ora lo tengono nella clinica del dottore e la mia pelle è di nuovo sola.
La vitiligine, lei, mi tiene compagnia.
Come faccio, io, ad asportarmi le mie macchie? Sono loro a cancellare me.
Ma no: guarda. Diventano rosse.
Le mie macchie, se le incido con il taglierino, diventano rosse. Come lui, come la sua pelle. Diventano rosse come il mio amore.
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